Il destino di Aghavnì by Antonia Arslan

Il destino di Aghavnì by Antonia Arslan

autore:Antonia Arslan [Arslan, Antonia]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Ares
pubblicato: 2022-11-03T14:41:34+00:00


Dieci

Per la grande festa della mietitura, ogni anno vengono al villaggio del capo Osman, a rendergli il dovuto omaggio, gli abitanti di tutti gli altri paesi della montagna. Una lunga fila di carri pieni di gente, di vettovaglie, di vino e di doni augurali da una settimana si sta avvicinando, e già i primi gruppi si sono accampati nei dintorni. Osman e i suoi provvedono e sorvegliano, attenti a evitare che in quei solenni giorni di festa si riaccendano antiche ruggini, o qualche malcapitato diventi vittima di scherzi troppo pesanti, che chiamano a vendetta un’intera parentela.

Ma quest’anno sulle bocche di tutti c’è la ghiotta novità del rapimento armeno: anche questa volta Osman la Volpe ce l’ha fatta a colpire prima ancora che la caccia fosse resa pubblica, e l’ha fatto con un colpo da maestro a cui tutti si inchinano. È riuscito a rapire in pieno giorno addirittura un’intera famiglia, senza colpo ferire, usando soltanto la sua proverbiale destrezza. Circondato e festeggiato, lui sorride sotto i baffi e accetta i complimenti.

Tuttavia rifiuta di mostrare le sue prede, nonostante le abbondanti bevute, i brindisi di amicizia, le sollecitazioni un po’ ebbre dei commensali. Tutti vorrebbero vedere la ragazza e invidiare la sua fortuna: nessuno dubita che lui l’abbia già posseduta, lo ritengono un suo ovvio diritto. «È un’armena, una cristiana, questa puoi anche farcela vedere, per congratularci con te», è il coro unanime. Ma Osman fa finta di non sentire, e propone altri brindisi, i soliti: sul raccolto, sul prossimo grande mercato degli animali, contro gli avidi funzionari turchi e le loro continue pretese.

Poi fa un cenno all’amico Hadji Bego, celebre per la sua crudeltà durante le scorrerie ma anche per la sua lingua fiorita, e fa pronunciare a lui l’elaborata maledizione contro il kaimakam che da sempre conclude la sua presenza alla serata. Come un vero capo, infatti, egli se ne va quando la festa è ben avviata ma gli uomini non sono ancora del tutto ubriachi, in modo di poter giudicare con superiore distacco le eventuali risse che scoppieranno fra loro, quando rancori vecchi di secoli e improvvise antipatie raggiungono il punto critico e bollono nell’aria come mosto che comincia a fermentare.

Anche nello stanzone dietro il mulino stanno festeggiando tutti: il mugnaio e i suoi lavoranti, il fornaio e i suoi, i contadini, il fabbro, che – come da tradizione – è un omone che viene da fuori e tiene opportunamente nascosta la sua origine armena, e perfino il calderaio Ismail il Muto e qualche mendicante di passaggio. Solo, in un angolo, Alfred tiene gli occhi chiusi e fa finta di non esserci. Ma quando Ismail, che è un buonuomo, gli ha portato una scodella di zuppa calda e una fettona di pane, ha alzato gli occhi su di lui; poi, come vergognandosi, ha fatto un cenno di mano e se l’è mangiata in fretta.

In quel preciso momento la porta si apre ed entra uno sconosciuto. Tutti lo guardano un po’ stupiti, ma subito lo accettano: è “l’ospite inatteso”, quello a cui è dovuto rispetto e buona accoglienza, ancora prima di domandargli chi è.



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